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Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), IX, 39
 
originale
 
39. Ad istum modum puncto brevissimo dilapsae domus fortunam hortulanus ille miseratus suosque casus graviter ingemescens, depensis pro prandio lacrimis vacuasque manus complodens saepicule, protinus inscenso me retro quam veneramus viam capessit. Nec innoxius ei saltem regressus evenit. Nam quidam procerus et, ut indicabat habitus atque habitudo, miles e legione, factus nobis obvius, superbo atque adroganti sermone percontatur, quorsum vacuum duceret asinum? At meus, adhuc maerore permixtus et alias Latini sermonis ignarus, tacitus praeteribat. Nec miles ille familiarem cohibere quivit insolentiam, sed indignatus silentio eius ut convicio, viti quam tenebat obtundens eum dorso meo proturbat. Tunc hortulanus subplicue respondit sermonis ignorantia se quid ille disceret scire non posse. Ergo igitur Graece subiciens miles: "Vbi" inquit "ducis asinum istum?". Respondit hortulanus petere se civitatem proximam. "Sed mihi" inquit "opera eius opus est; nam de proximo castello sarcinas praesidis nostri cum ceteris iumentis debet advehere"; et iniecta statim manu loro me, quo ducebar, arreptum incipit trahere. Sed hortulanus prioris plagae vulnere prolapsum capite sanguinem detergens rursus deprecatur civilius atque mansuetius versari commilitonem idque per spes prosperas eius orabat adiurans. "Nam et hic ipse" aiebat "iners asellus et nihilo minus (mordax) morboque detestabili caducus vix etiam paucos holerum maniculos de proximo hortulo solet anhelitu languido fatigatus subvehere, nedum ut rebus amplioribus idoneus videatur gerulus."
 
traduzione
 
Fu cos? che in pochi istanti and? distrutta un'intera famiglia. Il mio ortolano rimase molto impressionato e lamentandosi amaramente anche della propria sfortuna, che aveva richiesto per quel pranzo un suo tributo di lacrime, battendosi le mani purtroppo rimaste vuote, mi sal? in groppa e rifece la strada per cui eravamo venuti. Ma nemmeno il ritorno doveva andar liscio. Infatti, un tipo, alto di statura, che dall'uniforme e dalle sue maniere doveva essere un legionario di guarnigione, ci si piazz? davanti e con un fare tronfio e arrogante chiese all'ortolano dove portasse quell'asino senza carico. Il mio padrone era ancora tutto sconvolto dal dolore e per di pi?, non capendo una parola di latino, non gli bad? e tir? avanti. Il soldato, indispettito da quel silenzio preso come un insulto, non seppe frenare l'insolenza che gli era abituale e cos? lo colp? col suo bastone di vite rovesciandolo dalla mia schiena. L'ortolano, allora, gli fece umilmente capire che non conosceva la sua lingua e che perci? non sapeva ci? che egli gli avesse chiesto. ?Dov'? che porti quest'asino?? gli ripet? allora in greco il soldato e, quando l'ortolano gli disse ch'era diretto alla vicina citt?: ?Ora serve a me,? lo interruppe. ?Deve portare con gli altri quadrupedi i bagagli del comandante della vicina fortezza? e allungata la mano alla cavezza cominci? a trascinarmi via. Ma l'ortolano, asciugandosi il sangue che gli colava dal capo per il colpo di prima, torn? a pregare e a scongiurare il soldato di usare modi pi? urbani e gentili, augurandogli le migliori fortune. ?E poi? aggiunse, ?questo qui ? un asinello pigro che per? ha il vizio di mordere ed ? l? l? che mi crolla per un brutto male che ha, tanto che a mala pena, tirando il fiato, riesce a portarmi qualche mazzetto di verdura dall'orto qui vicino e non pu? assolutamente farcela a trasportare carichi pi? pesanti.?
 

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